Settimo giorno di viaggio, la salita verso nord continua e il paesaggio muta. I fiordi lasciano spazio a vallate, ampie pianure e terre frastagliate bagnate dall’oceano.
Raggiungo la famosissima Atlantic Ocean Road, un percorso di circa 8 km che unisce vari isolotti di un arcipelago toccato dall’oceano Atlantico. Parte importante di questa opera architettonica è il ponte Storseisundet, creato per evitare le violente onde dell’oceano. Con la sua imponente curvatura e l’altezza di 23 metri dal suolo, crea un effetto visivo molto suggestivo. Per questo motivo è considerata una delle strade più pericolose al mondo. Infatti in caso di forti temporali, diventa pressoché impraticabile a causa delle enormi onde e dei venti che si vanno a creare, combinati alle forti pendenze del ponte.
Nel frattempo le giornate si allungano sempre di più a causa della vicinanza al polo Nord, sabotando il mio orologio biologico. In agosto si toccano le 22 ore di sole contro le due di buio e queste ultime altro non sono che una leggera penombra. Le temperature sono sempre più basse, la pioggia non mi da tregua e la tenuta anti-acqua diventa parte integrante del mio outfit motociclistico, ma alla fine ci si fa l’abitudine e non diventa un peso, tranne quando bisogna montare la tenda… E’ il 7 agosto e il termometro della moto segna 4°C!
Dopo otto giorni di viaggio supero il Circolo Polare Artico. E’ una strana sensazione, sai di essere tanto distante da casa e la cosa un po’ fa paura, ma poi ti rendi conto che la meta è sempre più vicina e l’adrenalina sale sempre di più.
Qui conosco due motociclisti italiani, Luca e Marco e le loro BMW R1200GS, con i quali condivido circa 500 km di strada. Constatando il mio modo vagabondo di viaggiare e probabilmente scossi da un senso di pietà nei miei confronti (:P), mi offrono la cena in un ristorante in riva all’oceano. Che strano il sapore di qualcosa di buono dopo giorni e giorni di risotti liofilizzati e porcherie da supermercato di bassa lega…
In tanti mi chiedono: “Ma non ti senti solo a viaggiare senza compagnia? Non hai paura?” E perché dovrei? Un motoviaggiatore che sceglie di girare il mondo in solitaria sa che la compagnia la si trova in viaggio e, spesso e volentieri, tutte persone straordinarie che si incontrano durante il percorso e che si fanno in quattro pur di aiutarti.
Oggi è l’undicesimo giorno di viaggio. Mi sveglio agitato, oggi è il grande giorno. Parto da Birtvarre, la meta dista solo 390 km e, almeno oggi, il sole riesce a vincere le nubi nordiche. Nordkapp è sempre più a portata di mano e più ci si avvicina, più il paesaggio si spoglia dagli alberi lasciando spazio a rocce, praterie e laghi.
Nordkapp – 71°10′21″N 25°47′40″E
Dopo un sacco di esperienze uniche, 5726 km e undici giorni di viaggio, eccolo: Nordkapp. Tanti mesi di attesa, studio dei percorsi, preparazione della moto e tanta ansia, le emozioni che si provano sono indescrivibili. È strano, guardi per giorni e giorni il tracciato che hai deciso di fare, guardi le foto di chi ci è già stato, pensi a quanto sia distante, a che avventura sensazionale sarà e nel frattempo la testa si riempie di dubbi. Il clima, il tempo, i soldi, essere da soli… E poi, quando finalmente arrivi e quella lunga linea di asfalto che unisce casa dal punto prefissato è stata percorsa tutta, la mente si svuota. Alla vista del cartello “Nordkapp” comincio a piangere come un bambino e tutto il peso dei dubbi accumulati svanisce di colpo lasciandomi con un solo ed unico pensiero: ce l’ho fatta.
Caso vuole che per tutto il giorno non abbia mai piovuto. Arrivo alle 15 sotto l’immobile sfera di metallo che caratterizza la rupe più a nord dell’Europa continentale, tempo di fare qualche foto ed ecco che ricomincia a diluviare. Un vento fortissimo mi accompagna fino a 300 km sotto Capo Nord, più volte devo fermarmi per non rischiare di cadere. Decido di dormire nelle caratteristiche Hytte scandinave. Oggi me lo merito…