Non esistono parole adatte per descrivere la Norvegia, enormi fiordi che solcano una terra colma di laghi e torrenti, tutto incorniciato da cascate e pendii che si innalzano verticalmente per centinaia di metri. Un esempio lampante è il Preikestolen (tradotto Pulpito di Roccia), una enorme parete rocciosa alta 608 metri che si butta a capofitto nel Lysefjord.

E’ il quinto giorno di viaggio e sono appena entrato in Norvegia. L’obiettivo della giornata è raggiungere il Preikestolen e per me che sono tutto fuorché uno sportivo, è un’impresa solo a pensarci. Però sono troppo curioso di vederlo con i miei occhi, su internet si vedono cose spettacolari e devo assolutamente farlo.

Dopo aver percorso circa 400 km mi imbarco in un traghetto che attraversa il Lysefjord.
Qui incontro due motociclisti olandesi, Arnout e Ruud, scopriamo di avere la stessa meta quindi decidiamo di condividere la strada che manca per arrivare al Pulpito di Roccia. Cominciamo così la salita di 3800 metri e già dai primi passi ci rendiamo conto che non sarà una vera e propria passeggiata. Ciò non toglie che il paesaggio è mozzafiato e i pericolosi pendii a strapiombo regalano emozioni irripetibili.

Il pulpito di roccia

La scalata è suddivisa in tre stadi: si sale e si scollina per tre volte, con un un’ultima salita finale che che fiancheggia il fiordo. Si ha poco spazio di manovra, un passo falso e sarebbe fatale. La vista però è incantevole e ci si dimentica (quasi) del pericolo.
Agli ultimi 200 metri si comincia ad intravedere il famoso Pulpito di Roccia. Di solito è molto affollato ma, vuoi per l’orario (18:00), vuoi per il mal tempo, c’è pochissima gente e si riesce a godere appieno del panorama.

Poi, arrivato alla cima, mi rendo conto che le immagini viste internet non fanno davvero giustizia a ciò che si presenta davanti ai miei occhi. La sensazione di vuoto mettendo la testa appena fuori dal precipizio, è indescrivibile. A 608 metri di altezza le crociere che navigano beate nel fiordo sono puntini persi nell’acqua.

In queste situazioni o panichi male (perdonate la licenza poetica) o ti viene voglia di prendere qualche rischio e osare. Per me è il secondo caso. Prima mi avvicino lentamente al bordo, con la pancia per terra e le mani in avanti. Molto lentamente tiro fuori la testa e guardo giù. Qui penso: cazzo, se cado da qui, frittata. Non ho mai avuto paura dell’altezza, quindi dopo aver visto che il mio sangue freddo non mi ha lasciato, ci provo.
Corro dagli olandesi e gli chiedo “Can you take a picture of me, please?”. Ruud sta ben distante dallo strapiombo, la paura dell’altezza lo frega… Arnout invece mi segue e accetta di scattarmi una foto.

Mi avvicino con molta cautela al bordo del precipizio, col sedere ben posato sulla fredda roccia e con il cuore che comincia a battere sempre più forte. Arrivo al limite del precipizio e faccio scendere le gambe fino a che sotto di me c’è solo il vuoto. Guardo giù e una sensazione strana mi pervade, paura mista a euforia mai provata prima.
Dopo le foto di rito ed essersi gustati il panorama decidiamo di scendere. Questa esperienza mi ha indubbiamente lasciato il segno; la Norvegia è spettacolare, non finirò mai di ripeterlo.

P.S.: Io e gli olandesi abbiamo qualche chilometro in moto insieme. Mi fanno i complimenti per la guida, spiegandomi che non sono abituati a fare tornanti perché il punto più alto dell’Olanda non raggiunge i 330 metri. Uno dei due mi fa: “You are very good! How many time did you do the Stelvio Pass?” Io: “Ma quae Stelvio!!! Fozaaaaaaaa”! Se non conosci la salita di Foza, vergognati e rimugina sui tuoi peccati QUI