Finalmente entro in Norvegia ed un paradiso motociclistico si apre davanti a me: strade tortuose, asfalto impeccabile e paesaggi mozzafiato non smettono mai di lasciarmi a bocca aperta.

Non esistono parole adatte per descriverla, enormi fiordi che solcano una terra colma di laghi e torrenti, tutto incorniciato da cascate e pendii che si innalzano verticalmente per centinaia di metri. Un esempio lampante è il Preikestolen (Pulpito di Roccia), una enorme parete rocciosa alta 608 metri che si butta a capofitto nel Lysefjord. La scalata per arrivarci dura qualche ora, una scivolata sarebbe fatale ma la vista da sopra è impagabile (per maggiori dettagli e foto sulla scalata clicca QUI e leggi il mio racconto).

Snow Road e Trollstigen, le più belle strade del mondo

La via è sempre ricca di monumenti e costruzioni interessanti, come la chiesa di Heddal che risale ai primi del XII secolo ed è completamente in legno.
Uno dei luoghi che più mi ha lasciato il segno è la Snow Road (Aurlandsfjellet), che ricorderò per sempre come i 48 km più belli di tutta la mia vita. Questa strada si erge nel bel mezzo di paesaggi surreali, quali colline innevate e bucherellate da un’infinità di laghi o da catene rocciose paragonabili a miraggi lunari. Di certo non la dimenticherò mai.

Nota importante per chi vuole intraprendere questo viaggio. La Snow Road passa sopra alla galleria stradale più lunga del mondo, il Tunnel di Lærdal, che con i suoi 24 km taglia di circa 100 km il tragitto per andare verso Nordkapp. Consiglio caldamentedi non scegliere questa opzione ma di fare la Snow Road, ben più bella e panoramica di un tunnel dritto di 24 km. Non ve ne pentirete.

La cosa incredibile è che più ci si addentra in questa terra meravigliosa, più la si ama. Un continuo sali scendi che non stanca mai, come la Trollstigen, tradotto “La scala dei troll” o anche “La strada delle aquile”, una tortuosa e ripida strada che sovrasta un fiordo spettacolare. Peccato solo per il traffico, è una meta molto frequentata.

Voglioso di un letto caldo in cui dormire, decido il quinto giorno di viaggio di alloggiare in un dormitorio comune di un ostello. La ragazza della reception mi avverte che l’intera casa è occupata da una comitiva di cinesi, circa una trentina, e che avrei dormito in una stanza da sei con cinque di loro. Ed ecco l’esatto momento in cui rimpiansi la tenda, il freddo, l’acqua e la neve. Appena entro in casa un odore indecente di fritto e cipolla mi ammazza, nel dormitorio non potevo spegnere la luce perché “a noi piace dormire con la luce accesa tutta la notte” e, come se non bastasse, impossibile dormire. La mia vicina di letto, una ragazza minuta e molto carina, russa come una mietitrebbiatrice nel bel mezzo della peggiore delle stagioni di raccolta. Mi metto le cuffie e comincio ad ascoltare il metal più scassatimpani che ho nel lettore, ma non basta. Riapro gli occhi alle 5:30 del mattino e comincio a fare i bagagli (facendo più rumore possibile…) e scendo in cucina per fare colazione. Entro in cucina e vedo una anziana cinese intenta a friggere qualcosa: mi passa l’appetito. Mia cara tenda estiva, mia amata pioggia, non mi lamenterò mai più di voi. Mai.